1° classificato
Francesco Quacquarelli
Caffè amaro
Nascosto da un paio di occhiali scuri,
inganno me stesso e la mia voglia di serenità,
mentre consumo un caffè amaro
seduto in un bar della mia Milano.
Non mi riconosco comune nella gente,
tutto dorme nel vuoto dei miei perché
e tutto tace nel volo dei miei colombi amici,
mentre colorano di grigio tutta la piazza.
Nessun rispetto o fusa per un vecchio stanco,
nessun rispetto per un costruttore del passato,
nessuna pietà per un uomo moderno come gli antichi.
Una moneta nuova confonde un mio vecchio vizio,
due sigarette con il caffè dopo un falso pranzo
è il prezzo del disgusto per uccidere la noia.
Sono rinite le vibranti serate di gente ancor pensante,
ora vedo solo donne metà uomo e metà pesce,
impegnate in una guida a fari spenti
commercianti di un sorriso bagnato di rossetto e pianto.
Non potrò mai morire sereno sul mio letto,
se non guarderò felice il futuro di tutti i miei nipoti,
saranno schiavi, per adesso, dei tatuati dal denaro.
Sono assalito da nuvole di insetti e di formiche,
nessuno di voi aiuta questa quercia Milanese,
che a rami aperti verso il cielo, disegna a terra,
l’ombra di un grande crocifisso.
Ormai è tardi e devo andare a mezza,
mentre consapevole salto dal giorno alla notte,
ingiallendo in una foto del mio tempo.
2° classificato
Davide Monti
Empatia
Osservo,
lineamenti lievi di decline sculture,
lo scintillio metallico nell’occhio vivo,
e il passo fluido di melodie Asture.
Osservo,
fresche vestimenta di una cupa società,
la parlantina spiccia su un passato silente,
un aspro mosaico di compiaciuta vanità.
Penso,
c‘è di più in tutto questo contesto,
dietro l’apparenza solida del vivere,
urla l’essere nell’essenza del gesto.
Penso,
come Luna a rifletter la coscienza,
alla forma, superata sofia elementare,
al vento del pensiero sull’indifferenza.
Spio senza successo quell’ultimo segreto,
capirlo nello specchio è il gioco dell’amore.
Porto in superficie ignote conoscenze
che ispirano risposte e domande del cuore.
3a classificata
Alessandra Crabbia
A casa
Non posso stanotte far vibrare i cembali alati,
e il mio,
è un cuore di palude ombrosa e dolente.
Sono scomparsi dalle mie notti
i grandi cieli iberici gravidi di fiamme dorate,
si sono allontanati i velieri avventurosi,
si sono appannati il giallo e l’ocra della terra cruda.
Ah, ora vedo il nudo grigio delle stanze
di questo pazzo che s’ostinava a inventarsi un paradiso pieno di taverne calde
e chitarre e musicanti lanciati nella vita come un triste fado!
E il mio risveglio è un fiele disperato, le mie mani toccano il buio algido,
e la mia terra è lontana, il nord mi trapassa il cuore.
Dio, Dio, ridammi la forza e l’azzardo della mia danza sotto la luna,
rendimi la porpora e l’oro del vento del sud,
spazza via questa malinconia d’ombra, questa amara vacuità!
Ridammi il mio cappello pieno di sole,
fammi ancora morir d’amore,
fammi tornare laggiù, nei giardini abbaglianti di palme sospiranti e marine,
rendimi il mio cuore, t’imploro:
sono scomparsi i miei tori al tramonto,
la lucerna rossa sulla veranda più non m’attende,
la mia stanza sul porto ha la polvere degli addii,
mi sono perso, mio Dio,
e voglio soltanto
tornare
a casa.
4a classificata
Monica Di Genova
Il tuo corpo turbato…
Il tuo corpo turbato
graffia
le pareti vive
del mio rifugio
è l’implorante danza
delle tue labbra
a mordere le vesti leggere
del mio capriccio
la ridda inquieta
delle tue membra
a celebrare il mio peccato.
Il vizio nudo dei tuoi gesti
è la mia schiavitù,
la mia liberazione
è il tuo impeto.
Ascolto
le mie ossa
invocare
le tue ossa
d’invadermi
e incoscienti
affondare
nell’odore intimo
dei tuoi baci.
È amore
il naufragio dei miei sensi.
È adorazione
l’approdo dei tuoi sussulti.
5° classificato
Marco Galvagni
Le note della vita
Un dì sentirai
squillare acute
le note della fine
della vita.
Lungo i solchi divini
vedrai l’anima trasformarsi
e rinascere
in un grembo nudo,
intessendo tele di ragno
atte a ghermire il nemico,
ringhiando un diabolico
urlo di battaglia,
piangendo sopra amori perduti.
Alla fine, però,
ritroverai quel sorriso
ad un tempo duro e tenero,
abbracciando vecchi fratelli
di giorni ormai dimenticati
e coglierai in essi
la pungente dolcezza
dei tuoi vecchi principi.
Di tutto ciò sarai fiero
e, avanzando in punta di piedi,
mendicherai finalmente
la tua radura di pace
grattando dalle stelle
manciate di luce celeste.
6a classificata
Mariateresa Giustiniano
Nel buio, la tua mano
Galleggio, fluttuando dolcemente tra i tuoi sguardi;
li esploro costeggiando le loro terre.
Nessuno potrà tradire i tuoi aneliti folleggianti e inquieti.
Ti salverò. Ti ucciderò nel sonno.
Ti dirò mille bugie
Ma una sola unica verità.
Ti donerò i miei silenzi;
perdendomi in una folla di voci non griderò alcunché,
non lascerò che mi ritrovino.
Stammi intorno; t’inchioderò ad un palo.
Ti brucerò sul rogo delle mie parole dimenticate.
Ti seppellirò in giardino
Come un tesoro pericoloso e tentatore.
Il peccato mi ha plasmato tua schiava;
mi ha donato il fuoco che illumina e scalda i tuoi sensi
mi ha tormentata perché di tormento
profumassi le tue notti insonni…
Vengo a prenderti: nel buio afferrerò la tua mano.
7° classificato
Gastone Silletta
Turbamenti
Nemmeno il tempo avrà ragione di te
Né le tue labbra potranno dirmi addio
Infinite traiettorie nel mio cuore senza nome
A confonder la mia mente insolente
Quale spazio di un’effimera eternità
Può bastare a contenere le tue mani
Dove io mi sono intimamente chiuso
Scegliendo la tua pelle come mia prigione
Nei tuoi occhi il mio amore mi rincorre
Divorando le mie fragili ossa
E un sorriso ad inchiodare i miei pensieri
Profumando del tuo odore la mia anima
Fingere vorrei una difesa
Ma il mio cuore è troppo debole per te
Così lucida nel togliermi il respiro
Maledetto amore mio
8° classificato
Michele Ammirati
L’altrove
Qui… nell’altrove
nella crespa scia del fiume
svanisce il nostro esilio.
L’ultima nota del sole
mesce oro ai tuoi capelli.
Una carezza sfiora
il capo reclinato
sulle mie braccia tese
al tanto che ci manca.
Ogni finestra è schiusa
su un dondolio di foglie
e affievolito trema
un sussurrio di vento
nei cuori imprigionati.
L’iride inarca la torre
con i tuoi colori.
Al mio, al tuo tacere
s’intona l’assopente fiume
e dall’insonne bosco
rincorre altri silenzi
nel deserto borgo
dal campanile rosa.
Un suono di campana
allenta le catene.
Il giorno è quasi spento
e non s’accora il vento.
L’ultima mia foglia
danza al tuo desio
e tu spargi sull’acqua
petali di sogni,
pulviscolo dell’anima,
volgenti verso il mare.
E come l’onda remota
fremi porgendo il primo
e l’ultimo tuo bacio.
9° classificato
Francesco Sassetto
Da solo e in silenzio
È la mia solitudine nelle mie mani
che non tengono niente
se non questa vecchia cartella di cuoio
che lenta va verso scuola al mattino
e traversa desolata campagna
spazzata da ondate di nebbia
e torna poi stanca ai suoi vecchi canali
nell’ora che inverno già il cielo rabbuia
e si fa d’uno scuro di fango
il suo dolce colore.
Forse è questo soltanto l’amore,
forse nient’altro che questo casuale
incontrarsi, abbracciarsi un momento
e lasciarsi con poche usate parole,
cangiando il breve canto di gioia
in sordo brusìo di zanzare.
Ed è tanto più amara la noia e vuota
e fredda la notte che devo
da solo e in silenzio
di nuovo scontare.
10° classificato ex aequo
Egidio Belotti
Qui sulla soglia, incredulo
Oltre la terra e il fuoco, nello scrigno
impietoso di questo risveglio di catrame
che trattiene il fiato sull’ocra
dei graffiti spenti sottrai al sonno
il pulviscolo grigio dei pensieri misurati,
altra cosa rintracciare dietro le tue parole
quel margine discreto che sommerge
di calore l’odore taciturno di salsedine
sull’onda che improvvisa si fa schiuma
e tu barcolli con le membra trafitte
e sonnolente: intorno l’aria imbalsamata
di settembre sospesa a queste gracili chiarezze
ritagliate ci trascina senza dimore accoglienti
sgretolati sui nostri dire-non dire
lenti-dissimulati-raccolti in un leggero
attimo fuggente, e ne siamo prigionieri:
non ho motivo di decifrare segnali
equivoci, tu non riconosci il suono
né il senso di questo silenzio
luminoso e con la tua delicatezza
lucida sai recidere anche la più piccola
speranza che sonnambula resiste.
Qui sulla soglia-incredulo-a mendicarti ancora.
10a classificata ex aequo
Marilena Rimpatriato
Se tu fossi
Se tu fossi la pagina d’un libro
ti leggerei con avidità riga dopo riga
e per comprendere il senso delle parole
tornerei all’inizio della pagina mille e mille volte ancora.
Cercherei d’interrogarti sul significato dei concetti
ma tu bugiardo mentiresti,
così non riuscendo a dipanare i pensieri
mi dovrei soffermare
e ricominciare a leggere
riga dopo riga.
L’onda invisibile dei dubbi che m’infonderesti
mi farebbe chinare su di te confusa
e tu mi renderesti schiava
d’un labirinto dal quale non c‘è via d’uscita.
Allora io mi trasformerei
in una fine pioggia d’inchiostro variegato,
t’investirei con la mia moltitudine,
impregnerei dei miei colori gli spazi bianchi e neri
allo scopo d’arrivare al senso delle cose,
alla profondità delle certezze,
delle verità che mi nascondi.
Se tu fossi la pagina d’un libro
imprigionerei le sillabe in esso contenute
in una rete di domande attente e precise,
per evitare le tue fughe,
dei mutamenti nella forma
ed al momento d’afferrare la realtà
ti guarderei stupita,
mi tufferei in essa
e per sempre vivrei nella sua luce.